Da diversi anni la Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva sta lavorando per promuovere l’adozione di una legge statale che stabilisca alcune chiare norme sul fenomeno dei beni collettivi.
Si intende così offrire al legislatore nazionale, regionale e locale, oltre che alla tutela giurisdizionale che ne consegue, una linea guida per affrontare la miriade di particolarissimi nomi, usi e costumi che caratterizzano il fenomeno proprietario collettivo lungo la nostra tanto variegata penisola, dovuti essenzialmente al fatto che il nostro Stato unitario, di cui con onore celebriamo il 150 anno di unità, era stato preceduto per secoli da ducati, regni, e potentati che avevano ognuno a proprio modo disciplinato la materia dei beni collettivi.
La consuetudine che aveva retto queste forme di godimento per secoli è stata quindi nell’età moderna “ristretta” nel diritto positivo con alterne vicende, spesso caratterizzate non dalla volontà di comprenderla e disciplinarla, ma da quella di assoggettarla alla cultura giuridica ufficiale.
Ciò sta avvenendo tutt’oggi, attraverso la sempre più invadente legislazione regionale, che sta assumendo compiti non ammissibili di disciplina del diritto soggettivo che è connaturato alle proprietà collettive e come tale rimane di competenza strettamente statuale.
Non nascondiamo il fatto, peraltro, che già più volte le camere hanno visto presentare disegni di legge finalizzati unicamente a riconoscere e legittimare le tante usurpazioni ed occupazioni che i beni collettivi hanno subito in questi anni sotto la spinta delle urbanizzazioni civili ed industriali delle campagne e delle zone ambientalmente più pregiate del nostro paese.
Per questo abbiamo chiesto la collaborazione di tanti studiosi del diritto e di cultori della materia, che abbiamo trovato nel Centro studi e Documentazione sui demani civici e le proprietà collettive della Università di Trento magistralmente diretto dal Prof. Pietro Nervi.
Abbiamo chiesto loro di astrarre alcuni principi fondamentali comuni alla variegatissima sequenza di denominazioni e di situazioni che caratterizzano la proprietà collettiva e di ordinarli in un disegno di legge.
Testo della proposta di legge:
Art. 1. Riconoscimento dei dominii collettivi
In attuazione degli artt. 2, 9, 42 comma 2 e 43 della Costituzione, la Repubblica riconosce i domini collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie,
a) soggetto soltanto alla Costituzione
b) dotato di capacità di autonormazione, sia per l’amministrazione soggettiva che oggettiva, sia per l’amministrazione vincolata che discrezionale;
c) dotato di capacità di gestione del patrimonio naturale, economico e culturale che fa capo alla base territoriale della proprietà collettiva, considerato come comproprietà intergenerazionale;
d) caratterizzato dall’esistenza di una collettività, i cui membri hanno in proprietà terreni, ed insieme esercitano più o meno estesi diritti di godimento, individualmente o collettivamente, su terreni che il comune amministra o la comunità da esso distinta ha in proprietà pubblica o collettiva.
2. Lo statuto, approvato dagli aventi diritto, è titolo qualificativo e ordinamentale del dominio collettivo, anche con specifico riferimento alla personalità giuridica ed alla natura dell’ente.
Art. 2. Competenza dello Stato
1. La Repubblica tutela e valorizza i beni di collettivo godimento in quanto:a) elementi fondamentali per la vita e lo sviluppo delle collettività locali,
b) strumenti primari per assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale,
c) componenti stabili del sistema ambientale,
d) basi territoriali di istituzioni storiche di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale,
e) strutture ecopaesistiche del paesaggio agro-silvo-pastorale nazionale,
f) fonte di risorse rinnovabili da valorizzare ed utilizzare a beneficio delle collettività locali degli aventi diritto.
2. La repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini di uso e gestione dei beni di collettivo godimento preesistenti allo Stato Italiano. Le comunioni familiari vigenti nei territori montani continuano a godere e ad amministrare i loro beni in conformità dei rispettivi statuti e consuetudini, riconosciuti dal diritto anteriore.
3. Il diritto di uso civico sulle terre di collettivo godimento si caratterizza per:
a) avere normalmente, e non eccezionalmente, ad oggetto utilità del fondo consistenti in uno sfruttamento di esso;
b) essere riservato ai componenti la comunità dei consorti, salvo diversa decisione dell’ente collettivo.
Note:
L’art.1 del disegno di legge fa emergere le linee di fondo del provvedimento:
- Il riconoscimento dei dominii collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie.
- Il riconoscimento del contenuto del diritto d’uso di avere, normalmente e non eccezionalmente, ad oggetto utilità fondo consistenti in uno sfruttamento di esso e di essere riservato ai cittadini del Comune, o addirittura ad una parte di esso. Ciò determina nel cittadino una situazione giuridica complessa di un interesse individuale avente ad oggetto un uso dei beni conforme allo loro destinazione ed un interesse collettivo alla conservazione della destinazione dei beni.
- Il riconoscimento della capacità di autonormazione dei dominii collettivi facilita pertanto l’esercizio dei diritti: a livello individuale, da cui discendono gli eventi (diritto di accesso in una zona, diritto di prelievo), e a livello collettivo o di amministrazione, da cui discendono le decisioni, vale a dire i diritti di gestione e i diritti di esclusione dall’uso oppure la tacita cooperazione degli individui che utilizzano le risorse nel rispetto di una serie di regole stabilite dall’ente gestore.
Nell’articolo 2 del Disegno di legge il richiamo alle competenza dello Stato delinea i motivi di interesse generale dell’intervento legislativo del Parlamento nazionale (che mira a garantire che le leggi che le Regioni intendessero eventualmente emanare sugli assetti collettivi non possano disconoscere l’idea e i valori della proprietà collettiva):
a) il modo peculiare delle collettività di vivere il rapporto uomo-terra;
b) la disciplina consuetudinaria delle gestione delle terre da parte delle collettività titolari, con il fine della protezione della natura e della salvaguardia dell’ambiente;
c) le moderne attività progettate ed esercitate dalle collettività sulle loro proprietà comuni al fine del mercato.
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